Maria Cristina, da caposala a volontaria per il cuore dei bambini

Maria Cristina Mazzari è stata caposala del Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica per quasi trent’anni: oggi è volontaria per Piccoli Grandi Cuori e fa parte del direttivo dell’associazione

Volontariato

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A fianco dei pazienti fragili

Il suo è stato molto più che un lavoro: per tantissimi anni ha avuto il delicato compito di assistere pazienti fragili, come lo sono i bambini con cardiopatie congenite, insieme alle loro famiglie.
Sì perché se la diagnosi di cardiopatia congenita colpisce in primis la persona/il paziente stesso, anche tutta la sua famiglia, soprattutto i genitori, sono coinvolti. La sensazione di incredulità, di impotenza e di frustrazione, la fatica e i sacrifici necessari per seguire le cure sono destabilizzanti per i genitori di un bambino e di un ragazzo cardiopatico congenito e per tutti i familiari più stretti che gli sono accanto: nonni e nonne, zii e zie, fratelli e sorelle prima di tutto.

“Ho iniziato a fare l’infermiera nel reparto di Cardiologia Pediatrica nel 1983 , ricordo benissimo il giorno, era il 10 di gennaio.
Poi, nel 1994 è arrivata questa grande occasione: sono diventata caposala subentrando alla mia collega che andava in pensione. Una grande fortuna, per la mia professione: parliamo di un Reparto all’avanguardia, nato per merito della lungimiranza, della sensibilità e professionalità dei direttori di allora.

Ho avuto l’opportunità di prendere parte a corsi di formazione multidisciplinari grazie ai quali mi sono potuta formare. Vista la particolarità di quel contesto assistenziale, abbiamo creato una modalità di accoglienza e di formazione specifica per gli infermieri che, al loro ingresso in questo particolare reparto, erano sempre in affiancamento con infermieri tutor esperti.

È nata inoltre l’idea dell’infermiere “dedicato”, per rispondere ai bisogni di salute del bambino e del suo nucleo familiare: è responsabile di tutto quanto viene fatto al paziente e di ciò deve rendere conto ai medici e alla caposala.
Un riferimento molto importante anche per i genitori, che in questo modo sanno sempre a chi devono rivolgersi”.
Questo modello assistenziale prevede quindi una presa in carico di un numero diverso di pazienti a seconda delle necessità assistenziali. Ad esempio in terapia intensiva e in semi intensiva il rapporto infermiere-paziente può essere di uno a due, ma può diventare uno a uno quando si tratta di pazienti trapiantati o pazienti in situazioni più complesse e delicate”.

Maria Cristina, con grande enfasi ed emozione, ci racconta di quei momenti passati e di quello che lei stessa definisce “un grande privilegio”: aver partecipato in prima persona alla creazione di un nuovo contesto infermieristico a misura di famiglie e di bambini.

L’eccellenza della cura

“Fin dall’apertura del reparto i medici ci diedero piena fiducia, probabilmente anche perché, a fronte della formazione effettuata, ci fu una sorta di “selezione naturale” e restarono solo le persone realmente motivate a intraprendere questa grande sfida: dare vita, con le risorse di allora, ad una realtà che sarebbe diventata l’eccellenza per quanto riguarda la Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica. Ci occupammo di tutto, perfino di trovare i letti più adatti, comprare giochi e scegliere alcuni arredi. Nel 1983, all’interno del Sant’Orsola, l’equipe infermieristica della Cardiologia Pediatrica, fu la prima, insieme ad un altro reparto della pediatria, ad adottare la cartella infermieristica coinvolgendo anche il personale medico: uno strumento che serviva a svolgere al meglio questo lavoro. Fu un documento del tutto innovativo”.

Quando il Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica aprì, nel 1983, aveva solo otto posti letto, in uno spazio di circa 200 metri quadrati.

Uno spazio molto ristretto, dunque, dove la stretta condivisione era inevitabile e al tempo stesso necessaria, per tutti: per il paziente, per i familiari, per il personale medico sanitario.
Fu allora che nacquero le prime amicizie tra genitori, che ancora oggi si conoscono e si riconoscono nell’associazione Piccoli Grandi Cuori.

“Il reparto di allora era praticamente un open space: un vantaggio per noi infermieri, perché i percorsi erano brevi e avevamo sempre tutto sott’occhio. Però mancava del tutto la riservatezza, ricordo che i genitori dormivano uno attaccato all’altro.
L’aspetto emotivo più di tutto era condiviso: se in Reparto c’era una situazione d’urgenza diventava l’urgenza di tutti, anche, se c’era una gioia, diventava la gioia di tutti”.

Il privilegio della condivisione

Maria Cristina definisce il suo lavoro di caposala “una scuola di vita”.

“Quando un paziente viene ricoverato entri a far parte del suo percorso di cura, della sua vita e di quella dei suoi familiari. E questo è un grande privilegio. Possiamo prenderci cura di questa persona, dalla diagnosi e fino ai momenti più complessi come può essere l’accompagnamento al fine vita nel caso di un paziente terminale. Fare l’infermiere non significa solo fare e agire al meglio, ma anche saper essere, sapere come entrare in relazione con le persone. E questo lavoro ha risposto alle mie esigenze di persona e di professionista. La sensazione che provi quando un genitore ti ringrazia, e lo fa anche quando sfortunatamente qualcosa è andato storto, è davvero potente e importante. Con i genitori si entra in un’intimità che è preziosa, senti che hai bisogno di salvaguardare queste persone, verso le quali hai delle responsabilità.
Ricordo ancora il mio primo turno di notte in reparto: mi sono trovata con un bimbetto, che mi guardava negli occhi e mi ha detto “voglio tornare a casa”. È allora che ho pensato, “ed ora cosa gli dico, che anche io vorrei tornare a casa?!”.

Supporto psicologico per pazienti e familiari

Ecco, oggi abbiamo le psicologhe che possono gestire aspetti di cura molto importanti come questi, che, per quanto alcune procedure invasive possano essere di routine a livello ospedaliero, certo non fanno parte della normalità della vita di un bambino.

I nostri direttori in questo sono sempre stati all’avanguardia: oggi abbiamo un servizio di assistenza psicologica all’interno del contesto del reparto, con professionisti integrati in equipe con il personale medico sanitario.

Il tempo passa e le situazioni evolvono, ma i bisogni dei pazienti e dei familiari rimangono sempre gli stessi: il bisogno di sapere, di essere accolti e di creare relazioni, di avere un confronto, sostegno e supporto”.

Il volontariato per l’associazione

Da quando è in pensione Maria Cristina è volontaria per l’associazione. Lei, insieme al marito Giovanni, si occupano di tantissime attività: l’organizzazione dei banchetti, degli eventi e delle iniziative di sensibilizzazione sul tema delle cardiopatie congenite. Si occupano di fare la spesa per le famiglie che alloggiano al Polo dei Cuori, dei trasporti, e di tanto altro ancora. Un contributo prezioso e riconosciuto, che porta un grandissimo valore aggiunto alla mission di Piccoli Grandi Cuori.

“Ho avuto il forte desiderio di vivere l’associazione in prima persona, di essere parte attiva: è qualcosa che fa parte di me. La sfida è quella di andare avanti al meglio e di provare a migliorare tutto quello che è stato costruito, avendo cura di considerare che le situazioni cambiano ma il faro deve restare sempre lo stesso: il bene del paziente e del suo nucleo familiare, della sua salute, intesa a 360 gradi”.

Se le chiedi perché ha scelto di assistere i bambini e perché i bambini malati di cuore, Maria Cristina sorride e ti risponde così: “Ci sono cose che ti senti dentro, di cui casomai non sei del tutto consapevole, ma che senti di dover fare. Un po’ come quando ti sposi (e ride…).
In tutto questo sono molto importanti le persone che incontri: ho lavorato con dei giganti come il prof. Picchio e il prof. Gargiulo, persone di cui ho avuto tantissima stima e che mi hanno dato, insieme ai miei colleghi, piena fiducia e la possibilità di crescere e imparare”.

Nel 2009 Maria Cristina, insieme al prof. Fernando M. Picchio al tempo direttore della UO di Cardiologia Pediatrica e dell’Età Evolutiva, al prof. Gaetano Gargiulo direttore dell’UO di Cardiochirurgia Pediatrica e dell’Età Evolutiva, al dott.Guido Frascaroli al tempo direttore dell’UO di Anestesia e Rianimazione e a Marco Marseglia coordinatore infermieristico del medesimo reparto, su richiesta di una famiglia che ha avuto la propria bambina ricoverata presso il nostro centro, è stata insignita del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana. Ancora una volta a dimostrazione che i migliori risultati si riescono ad ottenere quando tutti i professionisti delle diverse equipe riescono a far squadra, riuscendo così a costruire un team ben integrato per dare la migliore risposta ai bisogni del paziente.