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“È iniziato tutto ai primi di maggio del 2021. Filippo ha avuto due episodi di vomito a distanza di quattro giorni l’uno dall’altro, poi ha iniziato a gonfiarsi in viso”.
Sono le parole di Ottavia, mamma di Filippo, che lo scorso aprile ha compiuto sette anni e ha festeggiato il primo anno con un cuore nuovo.
Un cuore che funziona al 15 per cento
“Ci è venuto il dubbio che fosse un’allergia ma alle prove allergiche è risultato negativo. Lo abbiamo portato in montagna coi nonni, per cambiare aria, con noi c’era il suo fratellino di sei mesi e si pensava anche alla regressione, ci diceva che era stanco, che voleva solo stare in braccio. Il 18 maggio, dopo gli esami del sangue, i medici notarono che aveva il fegato ingrossato e ci mandarono a fare un’eco addominale. C’era un versamento nei polmoni, così ci ricoverarono all’Ospedale di Ravenna per poi scoprire molto in fretta che tutto partiva dal cuore.
Arrivò la diagnosi: Filippo aveva una cardiomiopatia dilatativa, il suo cuore in quel momento funzionava solo al 15 per cento. I medici di Ravenna si sono subito messi in contatto con quelli dell’IRCCS Sant’Orsola, dove siamo andati a metà luglio per fare un cateterismo cardiaco.
Il cardiologo, il dott. Ragni, ci disse che dopo il cateterismo Filippo sarebbe dovuto rimanere in terapia semintensiva, perché non era detto che il suo cuore avrebbe ripreso a funzionare come di dovere. E così è stato”.
In lista trapianti
“Il 5 agosto 2021 Filippo è entrato in lista trapianti. A settembre avrebbe dovuto iniziare il suo secondo anno di materna, ma era l’anno del Covid. Mi dissero che chiaramente non avrebbe più potuto frequentare. Andammo avanti con i controlli ogni 15 giorni, poi a fine novembre il cuore è arrivato al 50 per cento della sua funzionalità e hanno tolto Filippo dalla lista trapianti. Per noi è stato un grande sollievo.
Fino a dicembre dell’anno dopo, quindi per un anno intero, è andato tutto bene: abbiamo sempre fatto i controlli, certo, lui non poteva andare a scuola, non poteva fare sport e non poteva fare sforzi, c’era la paura di fargli vedere gli amichetti, frequentavamo solo i nonni. Io nel frattempo avevo ripreso la mia vita lavorativa, mi stavo organizzando per fargli fare dei corsi privati di nuoto e per iscriverlo alla scuola elementare.
Il 23 dicembre ci comunicò che era stanco e non mangiò nulla. Nel frattempo Filippo era diventato molto bravo a riconoscere “i segnali”, quando dopo una corsa era stanco ci diceva “mi sento stanco addosso”. Il 24 dicembre aveva mal di pancia, era la sera della vigilia, vomitò. Il giorno dopo, nonostante la felicità di scartare con il fratellino i doni sotto l’albero, ancora non stava bene così andammo all’Ospedale di Ravenna. Dall’ecografia videro che c’era uno scompenso cardiaco, quindi ci mandarono d’urgenza a Bologna, al Sant’Orsola. Ricordo che il papà di Filippo preparò di corsa una valigia e ci incontrammo alla rotonda di Bagnacavallo; alle 20.30 eravamo già ricoverati in semintensiva. Nonostante i farmaci i medici non notarono alcun miglioramento e il 3 gennaio (era il 2023) il dott. Tammam mi disse di chiamare anche il papà di Filippo per parlare della sua condizione: ero circondata da infermieri, anestesisti, cardiochirurghi.
Capii subito la situazione e iniziai a piangere, con me c’era la psicologa dell’associazione, Franca. Arrivò la dott.ssa Angeli, la cardiochirurga, e mi disse che c’era la possibilità di dover impiantare a Filippo il cuore artificiale Berlin Heart.
Io, ai tempi, non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando, non avevo mai sentito parlare di cuore artificiale”.
L’impianto del cuore artificiale
“Pensavo che Filippo sarebbe dovuto restare attaccato ad una macchina, fermo immobile a letto, per mesi. Al pomeriggio arrivò il mio compagno insieme all’altra psicologa, Sara: i medici ci dissero che l’unica opzione per farlo sopravvivere era il trapianto di cuore, e che in attesa di un cuore nuovo gli avrebbero impiantato un cuore artificiale per consentirgli di arrivare al trapianto cardiaco in vita.
Ci spiegarono il funzionamento del cuore artificiale: due tubicini che escono dalla pancia, collegati ad una pompa che avrebbe svolto la funzione del ventricolo sinistro: la pompa era poi collegata ad una grossa macchina, come una specie di carrello della spesa, molto pesante, collegata ad un pc che ne monitorava e regolava la frequenza. Ci spiegarono che con questo cuore artificiale Filippo sarebbe stato meglio, ma che non poteva assolutamente fare certi movimenti per evitare traumi importanti, che il macchinario doveva assolutamente rimanere attaccato alla presa. Aveva un’autonomia di soli 15 minuti, ma già dopo 10 minuti iniziava a fare “bip”, giusto il tempo di arrivare dalla camera alla sala giochi.
Poi il filo era molto corto.
In quel periodo oltre a lui c’erano altri bambini con il cuore artificiale Berlin Heart.
La dott.ssa Angeli ci spiegò che i bambini hanno un grandissimo spirito di adattamento, ma che Filippo non sarebbe potuto uscire dal Reparto fino a dopo il trapianto”.
La vita che scorre
“In effetti così è stato. Una volta capito che si poteva muovere, e giocare, una volta compreso cosa poteva fare, Filippo era tranquillo. Anzi, eravamo noi a dirgli di fermarsi. Aveva quasi sei anni ma era già molto responsabile.
Quando mi comunicarono del cuore artificiale ricordo che con me c’era Sara, la psicologa. Le dissi “Ma come è possibile, fino a qualche giorno fa stavo scegliendo la scuola a cui iscriverlo e ora mio figlio sta per morire. Lei mi rispose che avrei dovuto iscriverlo comunque a scuola, perché tramite l’associazione Piccoli Grandi Cuori c’era la possibilità di frequentare la scuola in reparto con un’insegnante dedicata. Fu lei ad aiutarmi a parlare con Filippo, per spiegargli del cuore artificiale e del fatto che dopo l’intervento si sarebbe svegliato in terapia intensiva.
La prima volta che ho visto il cuore artificiale attaccato a mio figlio mi ha fatto molta impressione. Ci sono rimasta molto male.
Nelle settimane a venire è andato tutto bene e non ci sono state complicazioni: io e il papà di Filippo facevamo avanti e indietro da casa nonostante ci avessero proposto l’opzione della casa di accoglienza Polo dei Cuori, perché a casa nostra ad aspettarci, in provincia di Ravenna, c’era nostro figlio più piccolo”.
Il supporto psicologico
“In quei giorni i medici, gli infermieri, le psicologhe, sono stati tutti eccezionali. Per noi, una seconda famiglia.
Il 26 gennaio Filippo è entrato di nuovo in lista trapianti: lo hanno dovuto reinserire perchè in mezzo c’era stato il passaggio del cuore artificiale Berlin Heart e quindi si doveva aspettare che i suoi parametri di salute fossero a posto per il trapianto.
Da quel giorno è filato tutto liscio, al di là dell’umore, ma per fortuna c’erano le psicologhe ad occuparsi di noi genitori. Lo facevano giocare, lo aiutavano a tirare fuori le emozioni, ci chiedevano sempre se avevamo bisogno e io di questo servizio, peraltro gratuito, sarò sempre grata. Senza il supporto psicologico sarebbe stato tutto più complicato, senza dubbio. Abbiamo potuto usufruire anche del supporto sociale e socioassistenziale: Filippo ha l’indennità di invalidità.
A fine marzo Filippo ebbe un’infezione. La dott.ssa Angeli arrivò subito anche se era domenica, e ci disse che sarebbe stato necessario addormentarlo per pulire bene l’infezione probabilmente dovuta all’attacco del cuore artificiale. Anche se era domenica mi sentii lo stesso al telefono con Sara, la psicologa, e anche quella volta fu un grosso aiuto. Mi dissero che l’infezione per fortuna non avrebbe ritardato il trapianto.
Quando sono andata in semintensiva per vederlo, Filippo era molto arrabbiato. Il 3 aprile sarebbe stato il suo compleanno, speravo lo potesse festeggiare in camera. Ci hanno però concesso di stare con lui ed è rimasto molto meravigliato dal palloncino e dalla torta di Spider Man.
Ancora oggi se gli chiedi qual è stato il regalo più bello ti risponde: “il palloncino di Spider Man” e questo ti fa pensare quanto il niente, per questi bambini, significhi davvero tanto”.
Servizio psicologico per pazienti e familiari
“Attraverso il supporto psicologico diamo sostegno nelle comunicazioni difficili come la necessità di effettuare il trapianto. Parliamo con loro di quali sono le implicazioni del trapianto in termini di qualità della vita, li aiutiamo ad elaborare la provenienza del cuore, il desiderio di conoscere e il senso di colpa nei confronti del donatore”.
Un cuore più leggero
“Il 19 aprile del 2023 ci dissero che gli avrebbero cambiato il cuore artificiale Berlin Heart: lo avrebbero sostituito con un dispositivo molto più piccolo, che Filippo avrebbe anche potuto maneggiare da solo. Eravamo molto spaventati perché significava cambiare, e noi di quel dispositivo, anche se vecchio e pesante, ci fidavamo. Era la nostra sicurezza.
Fu il dott. Ragni ad eseguire il cambio da un cuore artificiale all’altro: mi chiesero se volessi spegnere il dispositivo vecchio e così feci. Fu molto emozionante.
Ci spiegarono la batteria del nuovo cuore artificiale sarebbe durata a lungo, che avrebbero concesso a Filippo di uscire dal reparto. Così per la prima volta siamo usciti dal reparto per andare al bar dell’Ospedale insieme ai medici e alle psicologhe.
È stata un’emozione immensa, Filippo si è seduto al tavolo con un pacchetto di Tuc e il suo caffè d’orzo. Gli sono venuti gli occhi lucidi tanto era emozionato. Piano piano avrebbe potuto incontrare i nonni, il fratello.
Fu Sara a comunicarglielo: lo prese a sedere sulle sue gambe gli disse “So che la cosa più grande e bella per te sarebbe quella di uscire dall’Ospedale, ma in questo momento, il regalo più bello che possiamo farti è quello di incontrare il tuo fratellino”. Lui la abbracciò, le saltò al collo per ringraziarla, e in quel momento fui io a vederla provata, aveva gli occhi lucidi. Il giorno dopo ha incontrato suo fratello al bar dell’Ospedale: non si vedevano da cinque mesi.
Era il 25 maggio 2023.
Il fratellino subito non fece nulla, era titubante, poi Filippo gli andò vicino e gli disse “Guarda è questo il Berlino, è grazie a questo se ora sto bene, poi alzò un poco la maglia e gli fece vedere la pompa. Si misero a giocare come nulla fosse, mangiarono un gelato e rimasero lì un paio di ore. Per aiutarli nel distacco arrivò Franca, la psicologa, lo rassicurò dicendogli che ogni tanto avrebbe potuto incontrare ancora il fratello, i nonni, gli zii”.
Il momento del trapianto
“Un giorno mi chiese dove fosse andata la sua compagna di stanza. Anche lei aveva il cuore artificiale Berlin Heart. Gli risposi che aveva fatto un intervento per togliere il cuore artificiale, ma non gli dissi che aveva messo un cuore nuovo. Una volta, nella stanza del caffè, lo vidi perso guardare fuori dalla finestra, si voltò e mi disse: “Vorrei tanto andare a casa da mio fratello”.
Mentre mi preparavo per portare il piccolo in piscina, squillò il telefono: era il papà di Filippo, mi comunicò che il cuore per Filippo era arrivato.
Mi accordai con la nonna perché tenesse il piccolo, feci tremando una piccola valigia, arrivai a Bologna e ci diedero un telefono cordless. Erano più o meno le 16 e alle 20 di quel giorno arrivò Sara per chiederci come stavamo. A mezzanotte chiamai mio fratello e i miei genitori e dissi loro di andare a dormire.
A mezzanotte e trenta il cordless squillò: era la dott.ssa Angeli, ci disse: “Ci vediamo fuori dal reparto, tutto bene”. Quando l’abbiamo vista aveva lo sguardo rilassato e ho capito che era andato tutto bene. Le prime tre notti successive ci siamo trasferiti al Polo dei Cuori, abbiamo usufruito di uno degli appartamenti, ci dicevano che dovevamo stare molto attenti e potevamo entrare a trovarlo solo due ore al giorno.
Ricordo bene quando entrai nella sua stanza dell’Alta Intensiva: di istinto mi è venuto di cercare il cuore artificiale Berlin Heart, e invece non c’era. Mi sono sentita più leggera.
Quando Filippo si doveva spostare non c’era più bisogno di muovere il carrello del cuore artificiale, lui era molto emozionato e iniziava ad aver voglia di fare cose normali, come giocare. Ma dovevamo fate molta attenzione, tutto doveva essere disinfettato, per questo ringrazio molto l’associazione che ci ha donato tantissimi giocattoli nuovi.
Siamo tornati a casa nostra, a Bagnacavallo, l’11 luglio 2023: insieme al dott. Bonetti ho contato quanti giorni siamo rimasti in Ospedale, in tutto 198.
Come sta Filippo oggi
“Filippo oggi sta bene e se non fosse per la cicatrice, è come se non avesse nulla. È un bimbo come gli altri e non avrei mai pensato potesse finire così. Corre, gioca, va a scuola: certo, con la mascherina, d’altronde è lui il primo che fa fatica a togliersela. Si lava spesso le mani, sa quello che può mangiare, è molto consapevole.
Il giorno in cui ha iniziato la scuola è stato molto emozionante: i suoi compagni gli avevano preparato un cartellone con scritto “Benvenuto Filippo”, dopo mesi di didattica a distanza e di maestri a domicilio. Conobbe finalmente i suoi compagni di classe,visti solo tramite uno schermo.
Siamo anche riusciti a festeggiare il suo compleanno, all’aperto e con tutte le precauzioni del caso. E pensare che un anno prima era in una situazione drammatica.
Io come mi sento? Leggera, e libera.
Hanno salvato nostro figlio, che oggi può correre, saltare e tra un po’ anche andare al mare e in piscina, può fare tantissime cose che negli ultimi tre anni si è perso. Io e il papà di Filippo cerchiamo di non essere apprensivi e invadenti, non vogliamo causargli ansia, ma non vediamo l’ora che gli dicano di togliere la mascherina”.
Grazie a chi sceglie di donare gli organi
“Abbiamo ricevuto la migliore assistenza, non solo dal punto di vista medico, ma anche dal punto di vista umano e non è una cosa scontata. Ci siamo trovati benissimo, addirittura durante la lungodegenza mi concedevano una stanza, un’ora a settimana, dove fare smart working.
Siamo grati a tutte queste persone, ai medici e agli infermieri, alle psicologhe, alle assistenti sociali, ai macchinari che hanno tenuto Filippo in vita, siamo grati ai genitori che nonostante la perdita dolorosa e drammatica del proprio figlio, scelgono di donare.
Filippo non mi ha mai chiesto da dove viene il suo cuore nuovo, ma sa che ha un cuore nuovo che batte nel suo petto. Una volta ho appoggiato il mio orecchio sul suo petto e mi ha detto: “Mamma, forse non lo senti bene perché è un cuore nuovo ed è diverso da come lo conosci tu”. Quando sarà più grande gli spiegherò che quando si muore si può scegliere di donare gli organi. Ma sono convinta che lui abbia già capito tutto.
Sto scrivendo un libro sulla nostra storia: è il mio modo di dire grazie”.